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I Pochi Dei

— Sei mesi prima della nascita dei Pochi Dei, Tetrono arringa il Concilio di Viceste “Secoli interi sono trascorsi da quando i nervosi Akralliti partorirono la prima generazione di filosofi tanto curiosi da sondare le fondamenta del mondo. Furono essi coloro che inquietarono i Molti Dei. Gli Dei, lo sapete bene, sono usualmente silenziosi e indifferenti, e riesco a malapena a immaginare a quali oltraggi siano stati sottoposti fino a indignarsi! Lo scontro si è quietato solo dopo molti anni e molti tormenti, miei concittadini, e Statuti, Alleanze e Franchigie sancite e protette dalla tradizione hanno fatto sì che nessuno più si abbandonasse ad atti di oscena villania nei confronti dei veri padroni del mondo, che noi sempre onoriamo. Nessuno qui agita le dita col segno della latrina nei templi, né incita le proprie figlie a porgere le terga denudate agli idoli. E nessun Dio fa ingoiare a una Tarasca un intero contado né vomita una piaga di lucertole bavose sui nostri giacigli. Fino ad
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"Gardens of the Moon", ovvero "I giardini della luna" di Steven Erikson. Recensione in italiano

L’esperienza e la diligenza del buon lettore mi suggerirebbero che le opere il cui inizio è noioso, incomprensibile, poco fruibile o lento sono solo raramente destinate a cambiare ritmo più oltre, e che anche qualora lo facessero, risulta essere troppo tardi. Certo, abbiamo dei “soliti noti”. Aspettate che martelli le mie tesi sulla porta della chiesa : *thunk!* Non apprezzo particolarmente lo “scalino” della festa di Bilbo nel Signore degli Anelli *thunk!* specie quando seguita dalla violenza psicologica del Consiglio di Elrond *THUNK!* ma non è nulla in confronto al suicidio della narrativa che è l’inizio del Nome della Rosa *thunk!* parliamo poi della famosa lentezza narcolettica del Trono del Drago di Tad Williams — il cui protagonista più che un quattordicenne mi sembra sia affetto dai problemi del narratore di Fiori per Algernon . Eppure… tutti questi libri sfruttano l’inizio per catapultare il lettore consapevole e paziente nella vicenda. Questo prologo molto meta era per d

Recensione del ciclo di Inda di Sherwood Smith: "Inda", “The Fox”, “King’s Shield” e “Treason’s shore” (in italiano)

Ho letto il ciclo di Inda in qualche mese, finendolo l’anno scorso dopo alcune lunghe pause. A seguito della mia recensione del primo volume , mi trovo piuttosto in imbarazzo a cercare di sezionare la narrazione dei successivi. Sherwood Smith non ha avuto alcun vero riguardo per la convenzione di circoscrivere degli archi narrativi all’interno dei singoli libri. Quindi scriverò questo post come un unico blocco: non riesco a suddividere abbastanza la storia per fare singole “recensioni”, soprattutto perché non intendo fare spoiler. Quello che segue si riferisce a una quadrilogia di titoli: “Inda” “The Fox” “King’s Shield” “Treason’s shore” La storia inizia con una scena particolare: la Smith ha un qualcosa di sinestetico, si riesce a percepire nettamente come la sua struttura narrativa venga generata per accrezione come le galassie, a partire da scene molto vivide. Un bambino e una bambina si preparano a un addestramento per la guerra: i maschi attaccheranno una fortezza, le

"Grey Sister" di Mark Lawrence, recensione italiana/English review

Io di solito aspetto mesi, anni, prima di leggere il secondo capitolo di una saga. Grey Sister di Mark Lawrence è un’eccezione. Come tutti i Secondi Libri, soffre della caratteristica sindrome a essi collegata, ma detto questo è un Secondo Libro perfettamente organizzato. Ci troviamo a godere di un’ampio arco di sviluppo dei personaggi, un sentiero su cui la narrazione non rinuncia a muoversi a passo di carica, seguendo un ritmo ben orchestrato. Il mondo di Grey Sister è perfetto per le mie corde. Si tratta di high fantasy, ma è quel genere di atmosfera davvero “80s British” che riesce a vendermi i combattimenti spettacolari, le esplosioni e la magia super potente. Un mood del genere nella mia testa evoca Warhammer e Lone Wolf per come venivano scritti una volta, in cui grandi poteri si andavano a intrecciare con oscurità, orrore e strage. Lo svolgimento della storia resta fermamente vincolato al classico archetipo della “scuola di magia" (come il caro vecchio Harry Potter )

"The Obelisk Gate" (The Broken Earth #2) di N.K. Jemisin, recensione italiana

No, ecco, se dovessi iniziare ogni singolo parere su un “secondo libro” citando Caparezza e la sua canzone “Il secondo secondo me” , la storia diventerebbe ripetitiva molto in fretta. Nel fantasy ci sono così tanti seguiti che certe volte mi chiedo se ci siano più seguiti che primi libri. C’è comunque una certa gravità e pressione nei secondi libri, un fenomeno narrativo ben noto. Se i primi libri di una serie sono scritti con un atteggiamento che sembra strillare “me ne frego” più di un gerarca sovrappeso durante il ventennio, i secondi libri sono generalmente molto deliberati. Una deliberatezza che spesso non fa bene alla narrativa: abbiamo casi in cui il panorama visto dal lettore viene espanso vertiginosamente, altri in cui l’esposizione la fa da padrona, altri ancora in cui i POV vengono moltiplicati e affidati a personaggi indesiderabili, o le storie vengono complicate, e vengono iniziate plotline principali e secondarie a iosa. Sono tutte cose che sulla carta

"Skyfarer" di Joseph Brassey, recensione italiana/English review

Parliamo di Skyfarer , uno snello romanzo scritto da un autore americano chiamato Joseph Brassey. Non è un blockbuster, non è assolutamente adattato in italiano, ed è un’opera in completa controtendenza a quello che mi piace di solito, che leggo di solito, che amo fare di solito col mio tempo… Ma il motivo per queste tre caratteristiche inusuali appena nominate è che non ci sono molti libri come questo. E credo ne vorrei altri a fargli compagnia sul mio scaffale. Per le giornate buie. Perché Skyfarer è un high fantasy super positivo che spezza molti stereotipi e si focalizza tanto sull’azione e sulla magia e sui superpoteri, poco su qualsiasi altra cosa. Non è piatto né buttato su, badate bene. Se può descrivere qualcosa, usa solo, SOLO tinte forti, piene di evidente gioia di scrivere. Per darvi un’idea di com’è uso la forza bruta degli esempi pratici: prendete Firefly , ma levate un po’ del suo cinismo. Prendete Star Wars , ma sottraete la pretesa che non sia fa

"The Wolf of Oren-Yaro" di K.S. Villoso, recensione italiana/English review

Questo libro è stato certamente uno dei migliori di questi ultimi mesi. Ha tutte le cose che ultimamente mi piacciono in un fantasy: uno stuolo di personaggi interessanti e difficili, una protagonista complicata con una voce tutta sua, una donna che non ha assolutamente alcun interesse a farsi piacere da te, il lettore, e uno stile di scrittura estremamente versatile, che passa da introspezione ad azione senza azzopparsi mai. Dopo aver letto Josiah Bancroft ( Senlin Ascends ), ormai classifico questo “stile” con il tag # indynevrotico , una prosa su cui immagino un povero disperato che sta lì a limare e lucidare, sopravvivendo a vaste crisi di fiducia. Il tipo di prosa, insomma, che mi ricorda quel documentario giapponese che vidi anni fa sui giovani affilatori di spade e il loro mondo di terrificante angoscia professionale e fame. The Wolf of Oren-Yaro è il punto d’inizio di un memoriale scritto dalla regina di un paese fantastico. Detto così suona freddo, ma vi