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Una citazione ogni tanto.

Che non è poi che io citi molto spesso su questo blog.

"Tra le maggiori attrattive del viaggiare in moto, c'è la necessità
di fare affidamento solo su ciò che hai messo nelle sacche e la scoperta che puoi fare di più con meno. Come Peter Matthiessen fece osservare in una
intervista su un'attività analoga, tale condizione ci alleggerisce dei
fardelli inutili che gravano sulla nostra esistenza: « Una delle ragioni per
cui amo così tanto le barche è che mi costringono a ridurre tutto ai bisogni
più essenziali; ed eccoti al timone di una piccola imbarcazione, senza un
riparo, senza un passato, senza speranze per il futuro ». Forse è stato
quando, in tempi remoti, abbiamo smesso di vagabondare abbandonando la
caccia e la raccolta - si trattava, in ogni caso, di spostamenti modesti
perché continui - e siamo divenuti stanziali, che le cose hanno cominciato a
guastarsi sul serio. Adesso lottiamo per accumulare, seppellendoci sotto
valanghe di oggetti e, così zavorrati, non riusciamo più a udire il mormorio
della nostra terra che ci invita a uscire e a percorrerla. Questo è quel che
pensava Bruce Chatwin e moltissimo di ciò che ha scritto ha il fine di
formulare la seguente tesi: che le mura delle nostre case sono le stesse che
si frappongono tra noi e la nostra vera vocazione, quella di muoverci
incessantemente sul pianeta.
Se fossimo rimasti allo stato nomade degli uomini primitivi, come loro
saremmo ancora capaci di vedere il mondo naturale. Ha scritto Chatwin nelle
Vìe dei canti: « La vita religiosa dei primitivi aveva un unico scopo:
mantenere la loro terra com'era e come doveva essere». L'unico obiettivo,
nel nostro mondo fermo e stabilito che guarda in sé, mai fuori di sé, sembra
essere questo: accumulare roba. Al termine di questa metaforica strada si
ergono non metaforici centri commerciali, luccicanti come Oz e colmi fino al
soffitto di centinaia di economiche reliquie di fiori di campo, in forma di
candele, deodoranti per ambienti, sacchetti profumati, colonie,
bagnoschiuma, potpourri e bastoncini d'incenso. Nella sua vita precedente, è
chiaro, sul suolo coperto da questi enormi negozi sbocciavano i fiori di
campo.
Ironia troppo facie? E troppo in ritardo? Oscillo tra speranza e
disperazione. Per ora anche il movimento per la semplificazione della vita
ha generato prodotti, libri e riviste che ti dicono in che modo riuscirci.
Ma c'è un altro sistema, che di solito nessuno ti insegna: prepara un
bagaglio molto molto piccolo, prendi la strada e vai.
Quando viaggi da solo, se sei come me, resti solo. Quando sei su una moto
fare amicizia è talmente facile che persino la mia timidezza patologica
dovrebbe cedere, ma ahimè non è sempre così. Quindi faccio un sacco di
esercizio mentale; ad esempio ho composto grandi poemi a più di novanta
chilometri all'ora, che però sono rimasti lì, sospesi sulla superficie
asfaltata e riluttanti a venir portati a casa.
Quando viaggi con qualcun altro, puoi compiere il viaggio della tua vita ma
puoi anche esporti a una serie di fastidi più o meno grandi. Andare in moto
insieme a un altro è come danzare, e quando senti la stessa musica e hai lo
stesso ritmo nel sangue puoi comunicare senza bisogno di parole, anticipare
ogni fermata, ogni partenza, ogni fluttuazione del desiderio, ogni
accelerazione e ogni decelerazione. Quando questo non accade, il tuo
compagno continua a pestarti i piedi finché la musica non la senti più e
persino le vostre motociclette sembrano andare a ritmi diversi, con quella
davanti che procede a un'esasperante velocità da crociera, esattamente
quella alla quale la moto dietro muore dalla voglia di cambiare marcia. A
quel punto potresti anche viaggiare come se fossi solo e fermarti a mangiare
quando ne hai voglia.
Se tutte le canzoni country-western che sono state scritte venissero
sintetizzate in una (una canzone-bomba, anche, con Hank Williams, Roy Acuff e la famiglia Carter che cantano in coro), il succo dei versi sarebbe più o meno questo: «Lasciami andare, tesoro, perché un vagabondo non può che
vagabondare; ma quando sto vagabondando mi sento proprio male perché le
verdi colline di casa mia mi mancano così tanto che ho voglia di piangere».
Il paradosso non mi fa più rabbrividire, almeno sin da quando ho cominciato
ad allontanarmi da casa in moto per provare la doce sensazione della sua
mancanza, insieme a quella del piacere do lasciarla."


Tratto da "Il veicolo perfetto, La motocicletta" di Melissa Holbrook Pierson

Commenti

Anonimo ha detto…
Ecco, ora sono in crisi di astinenza..

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