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Visualizzazione dei post da 2018

"Grey Sister" di Mark Lawrence, recensione italiana/English review

Io di solito aspetto mesi, anni, prima di leggere il secondo capitolo di una saga. Grey Sister di Mark Lawrence è un’eccezione. Come tutti i Secondi Libri, soffre della caratteristica sindrome a essi collegata, ma detto questo è un Secondo Libro perfettamente organizzato. Ci troviamo a godere di un’ampio arco di sviluppo dei personaggi, un sentiero su cui la narrazione non rinuncia a muoversi a passo di carica, seguendo un ritmo ben orchestrato. Il mondo di Grey Sister è perfetto per le mie corde. Si tratta di high fantasy, ma è quel genere di atmosfera davvero “80s British” che riesce a vendermi i combattimenti spettacolari, le esplosioni e la magia super potente. Un mood del genere nella mia testa evoca Warhammer e Lone Wolf per come venivano scritti una volta, in cui grandi poteri si andavano a intrecciare con oscurità, orrore e strage. Lo svolgimento della storia resta fermamente vincolato al classico archetipo della “scuola di magia" (come il caro vecchio Harry Potter )

"The Obelisk Gate" (The Broken Earth #2) di N.K. Jemisin, recensione italiana

No, ecco, se dovessi iniziare ogni singolo parere su un “secondo libro” citando Caparezza e la sua canzone “Il secondo secondo me” , la storia diventerebbe ripetitiva molto in fretta. Nel fantasy ci sono così tanti seguiti che certe volte mi chiedo se ci siano più seguiti che primi libri. C’è comunque una certa gravità e pressione nei secondi libri, un fenomeno narrativo ben noto. Se i primi libri di una serie sono scritti con un atteggiamento che sembra strillare “me ne frego” più di un gerarca sovrappeso durante il ventennio, i secondi libri sono generalmente molto deliberati. Una deliberatezza che spesso non fa bene alla narrativa: abbiamo casi in cui il panorama visto dal lettore viene espanso vertiginosamente, altri in cui l’esposizione la fa da padrona, altri ancora in cui i POV vengono moltiplicati e affidati a personaggi indesiderabili, o le storie vengono complicate, e vengono iniziate plotline principali e secondarie a iosa. Sono tutte cose che sulla carta

"Skyfarer" di Joseph Brassey, recensione italiana/English review

Parliamo di Skyfarer , uno snello romanzo scritto da un autore americano chiamato Joseph Brassey. Non è un blockbuster, non è assolutamente adattato in italiano, ed è un’opera in completa controtendenza a quello che mi piace di solito, che leggo di solito, che amo fare di solito col mio tempo… Ma il motivo per queste tre caratteristiche inusuali appena nominate è che non ci sono molti libri come questo. E credo ne vorrei altri a fargli compagnia sul mio scaffale. Per le giornate buie. Perché Skyfarer è un high fantasy super positivo che spezza molti stereotipi e si focalizza tanto sull’azione e sulla magia e sui superpoteri, poco su qualsiasi altra cosa. Non è piatto né buttato su, badate bene. Se può descrivere qualcosa, usa solo, SOLO tinte forti, piene di evidente gioia di scrivere. Per darvi un’idea di com’è uso la forza bruta degli esempi pratici: prendete Firefly , ma levate un po’ del suo cinismo. Prendete Star Wars , ma sottraete la pretesa che non sia fa

"The Wolf of Oren-Yaro" di K.S. Villoso, recensione italiana/English review

Questo libro è stato certamente uno dei migliori di questi ultimi mesi. Ha tutte le cose che ultimamente mi piacciono in un fantasy: uno stuolo di personaggi interessanti e difficili, una protagonista complicata con una voce tutta sua, una donna che non ha assolutamente alcun interesse a farsi piacere da te, il lettore, e uno stile di scrittura estremamente versatile, che passa da introspezione ad azione senza azzopparsi mai. Dopo aver letto Josiah Bancroft ( Senlin Ascends ), ormai classifico questo “stile” con il tag # indynevrotico , una prosa su cui immagino un povero disperato che sta lì a limare e lucidare, sopravvivendo a vaste crisi di fiducia. Il tipo di prosa, insomma, che mi ricorda quel documentario giapponese che vidi anni fa sui giovani affilatori di spade e il loro mondo di terrificante angoscia professionale e fame. The Wolf of Oren-Yaro è il punto d’inizio di un memoriale scritto dalla regina di un paese fantastico. Detto così suona freddo, ma vi

"Dragonflight" di Anne McCaffrey, recensione italiana/English review

Come spesso faccio, per prima cosa metto le cose in chiaro: il termine “recensione” non mi piace. Posso dare il mio parere su un libro, e questo è uno dei casi in cui farò esattamente questo: mi trovo a voler giudicare Dragonflight , il primo romanzo completo del ciclo di Pern di Anne McCaffrey . Il mio è un parere del tutto ambivalente. Mi rendo conto che questo libro è, e resta, una leggenda. È una condizione meritata. Pern è un luogo affascinante, i suoi draghi telepatici sono GENIALI, una di quelle idee che qualsiasi scrittore ucciderebbe per saper sviluppare in maniera tanto creativa, e in generale tutto quello che riguarda lo sfondo è eccitante ed eccezionale. Sono cosciente del fatto che c’è tanto che la McCaffrey ha scritto su questo luogo dell’immaginazione. Dragonflight è stato scritto quando l’autrice aveva quarant’anni, non certo un’età infantile, eppure ci sono certi momenti in cui vorrei prenderla e scuoterla. Perdonatemi questo scherzo: non lo far

"The Green Rider" di Kristen Britain, recensione italiana/English review

E ho spacciato anche Green Rider , di Kristen Britain. Io ho una certa passione per i romanzi di formazione, per gli YA e quant’altro, e sebbene questo sia un libro decente per un ragazzo di qualsiasi età compresi i quasi -anta del sottoscritto, è francamente ricco di difetti e sarebbe potuto essere mooolto meglio di quanto è. Quindi lascerò perdere i pregi, ma parlerò proprio dei problemi, pur ammettendo che non è roba da gettare nella spazzatura. La trama è lineare, ed ha delle buone premesse, e fa delle promesse che poi mantiene, e per me quest’ultima cosa è importantissima. So che l’autore non mi sta pigliando per il culo, per lo meno. Qui inizia la lunga litania delle mie lagnanze. I conflitti e le scene d’azione sembrano avere la tendenza a sistemarsi per conto proprio, e la nostra protagonista Karigan non sembra mai avere davvero qualcosa da dire in proposito. Non posso definirla una Mary Sue, pur essendo lei una prescelta quando per assurdo la cosa non serviva a

"The Whitefire Crossing" di Courtney Schafer, recensione italiana/English review

Questo libro è piuttosto popolare su Reddit, sebbene non sia esattamente un best seller. Il mio parere è che valga decisamente la pena, e meriti le quattro stelline su cinque che gli ho assegnato su Goodreads. Sebbene l'ambientazione sia decisamente high magic, il protagonista è privo di qualsiasi potere straordinario, cosa che rende lo svolgimento davvero interessante. I problemi sono per lui difficili da risolvere. Ha un po' di aiuto: in que sta ambientazione dei talismani caricati da qualche mago e venduti regolarmente o clandestinamente conferiscono "utility", capacità di guarigione e offensive a tutti quelli che se lo possono permettere. In poche parole alla nostra tecnologia in piccola parte si sostituisce la magia, e la cosa non mi offende se è ben spiegato logicamente e se non distrugge la trama in un mega deus ex machina, cosa che non capita davvero. Il setting, per ciò che serve al libro, è ben escogitato e fa venir voglia di scoprire di più.

The Sultan's Wife by Jane Johnson, recensione italiana/English review

 Questo è l'ultimo libro che ho letto l'anno scorso, ed è stata un'ottima scelta. È un libro sulla schiavitù, l'avventura, gli intrighi e una serie di dettagli disturbanti sulla castrazione umana. Una sua caratteristica fondamentale, forse la più spettacolare, è che è scritto in modo magistrale in prima persona al presente, una sorta di stream of consciousness che resta costantemente "sul pezzo". Il protagonista, Nous-Nous, è un uomo di cultura, un eunuco, uno schiavo, un segretario - e il suo capo è il più grande sultano del Marocco, un pazzo psicotico di nome Ismail. Il Marocco è stato un grande regno, e a quei tempi era organizzato in parte ispirandosi alle pratiche ottomane (che a loro volta agivano come continuazione di precedenti bizantini, cosa che non tutti vogliono ammettere)... Purtroppo ignorandone alcuni dei ritrovati più geniali. Ismail non sembra essere infatti stato messo al corrente di come lo scopo di un regno sia la sua continuazione, non

"Silver on the Road" di Laura Anne Gilman (recensione italiana/English review)

Allora, mettiamo subito le mani avanti. Io adoro gli slice-of-life , che sebbene siano frequenti negli anime giapponesi (per esempio quelli scolastici, ma non solo), nel fantasy occidentale non lo sono per nulla. Silver on the Road ha una forte componente SoL. Leggi un sacco di cavalli, di come si spazzolano, di cosa si mangia per strada a metà ottocento in una polverosa trail americana... Tutte robe accurate e piuttosto inte ressanti, detto da uno che ne sa almeno un po'. O da uno che in queste settimane sta giocando a Red Dead Redemption 2 . Ha anche altre cose che mi piacciono, come ad esempio la caratteristica di avere una protagonista adolescente senza essere uno YA (anche se non ho problemi con gli YA), non avere storie d'amore (anche se non ho problemi con le storie d'amore), essere campbelliano senza essere Mary Sue, non essere inutilmente trucido, ma senza evitare scene forti, non spiegarti un cazzo e non essere sibillino, avere un ritmo tranquillo

"The Sorcerer's Legacy" di Janny Wurts, recensione italiana/English review

Se The Sorcerer's Legacy di Janny Wurts sembra decisamente un libro d'altri tempi, il motivo principale è che lo è . Scritto nel 1982, coniuga direttamente romance e avventura, e lo fa in una maniera che lo rende demodé in modo genuino, come un vestito che vostra madre ha messo la volta che si è laureato zio e da allora risiede in armadio, completamente intriso di naftalina. È un romanzo che appartiene in maniera completa agli anni ottanta - ci sono storie fantasy scritte negli anni 30-70 che sono perfette anche oggi, come quelle di Howard, Leiber, Le Guin. The Sorcerer's Legacy no, ma non per questo è brutto, semplicemente non potrebbe essere scritto oggi. Abbiamo una protagonista adulta (per una data definizione di adulto, dubito che sia sopra i 25), magia con effetti speciali molto televisivi (luci colorate, demoni, viaggi nel fottuto tempo), cattivi estremamente cattivi e un ritmo che strangola. Seriamente, è a malapena scritto in capitoli, persino le scene di

Cowboy Bebop e i protagonisti del 21° secolo

Un ottimo articolo, questo di Kotaku , che mi scatena una riflessione sulle figure dei protagonisti che vanno per la maggiore - mi toccherà generalizzare. Posso dire di essere FORTEMENTE influenzato da CB in quello che scrivo, per quanto sia solo un elemento della lista. Inoltre, CB si può sì citare come fonte di ispirazione, ma non senza specificare che la sua storia usa degli strumenti narrativi che ai suoi tempi erano già disponibili, e molto più frequenti e familiari, o che lo erano stati negli anni di formazione dei suoi autori. Rendiamoci conto anche del tempo passato, cioè che oggi Cowboy Bebop è circa equidistante tra noi e la guerra del Vietnam. Molti dei luoghi comuni e mode narrative di allora sono caduti in disuso, non stati assorbiti e sono stati perduti, specie nei media televisivi. È interessante come vengano rispolverati come fossero nuovi a sprazzi, e nell'epoca in cui l'intierezza della produzione audiovisiva è a disposizione per ogni utente,

“The Thief Who Pulled on Trouble’s Braids” di Michael McClung (recensione italiana/English review)

Il titolo è lungo e rutilante di prosopopea, ma come libro, “The Thief Who Pulled on Trouble’s Braids” è rapido, caratterizzato da un ritmo serrato e tutt’altro che lungo. La trama di questo self-published è da popcorn, in senso buonissimo. La protagonista è una ladra il cui dialogo interiore mi ricorda leggermente Harry Dresden, con il bonus che questa nostra simpatica ragazza non è un neckbeard un po' troppo petulante, un’accusa che è facile da rivolgere contro il mago-detective privato di Jim Butcher. L’ambientazione è high fantasy “per gli altri”, nel senso che il MC è molto poco magico, e l’intero libro lo possiamo incorniciare facilmente in quel genere tutto particolare in cui seguiamo qualche giornata moooolto travagliata d’un protagonista criminale che nel cuore è una persona apposto. Se avete letto qualche altro libro di questo genere (o anche solo uno Sword and Sorcery o qualche altra narrativa picaresca) saprete già come continua la mia descrizione. Amra Tethys la lad

"Lirael" di Garth Nix (recensione italiana/English review)

Questo libro è strano, pur essendo perfettamente incasellato nello stereotipo del “secondo libro”. Questo seguito di Sabriel è, come vuole tradizione, è molto più esteso, complesso, molto meno compatto. Detto questo, l’autore coglie una serie di rischi terribili in un racconto per ragazzi - o YA che dir si voglia. Alcuni di questi rischi non restituiscono a piene mani l’impegno devoluto, ma è comprensibile. Facciamo un esperimento: quanti di voi ODIANO Il Giovane Holden ? Vedo molte manine alzate. Non voglio fare un paragone fra il capolavoro di Salinger e Lirael, ma capisco proprio bene la posizione di Garth Nix, io lo so perché ha voluto scrivere questi personaggi. È dura scrivere di ragazzi realistici, pieni di insicurezze e di punti deboli. Sulla carta è un’ottima idea, perché siamo un po’ tutti stufi delle signorine perfettine e dei giovanotti che sono delle frane a esprimere le proprie emozioni, ma sono lo stesso amati da tutti per il loro cuore d’oro. L'esecuzione, però, è

"Sabriel", di Garth Nix

Scrissi due anni fa una mini-recensione di Sabriel . Siccome essa più non mi soddisfava, ne scrissi un'altra. F.L. Se potessimo guardare una cartina che mappa gli stereotipi nel fantasy, probabilmente scopriremmo che in media la protagonista fantasy è Perfetta, ma deve scoprire se stessa. Il protagonista fantasy, invece, è una pippa, ma con la disciplina e l’allenamento può arrivare dove vuole. È uno schema dal quale è difficile fuggire, ma se non altro non ci sono problemi a sfumare questi yin e yang, e in letteratura invertire e tradire le aspettative è la norma. Resta il fatto che le aspettative sono molto ben radicate . In Sabriel , Garth Nix non va davvero contro di esse. Ha trovato il proprio spazio artistico per violarle altrove, ma la nostra protagonista è Perfetta, e deve ancora trovare se stessa. Ma Sabriel sa di essere speciale, è competente, e abbraccia il proprio destino senza esitazione. E credetemi, la “competenza” in quello che si fa è una caratteristica ESSE