Un
ottimo articolo, questo di Kotaku, che mi scatena una riflessione sulle
figure dei protagonisti che vanno per la maggiore - mi toccherà
generalizzare. Posso dire di essere FORTEMENTE influenzato da CB in
quello che scrivo, per quanto sia solo un elemento della lista. Inoltre,
CB si può sì citare come fonte di ispirazione, ma non senza specificare
che la sua storia usa degli strumenti narrativi che ai suoi tempi erano
già disponibili, e molto più frequenti e familiari, o che lo erano
stati negli anni di formazione dei suoi autori.
Rendiamoci conto anche del tempo passato, cioè che oggi Cowboy Bebop è circa equidistante tra noi e la guerra del Vietnam. Molti dei luoghi comuni e mode narrative di allora sono caduti in disuso, non stati assorbiti e sono stati perduti, specie nei media televisivi. È interessante come vengano rispolverati come fossero nuovi a sprazzi, e nell'epoca in cui l'intierezza della produzione audiovisiva è a disposizione per ogni utente, non mi sembra vengano riconosciuti.
Cito l'articolo:
Lui e Jet sono degli esempi perfetti di un problema estremamente sentito, ma a tutt'oggi maldigerito, di mascolinità orientale, che riguarda le aspettative sociali disilluse e l'automutilazione dei propri sentimenti. Jet ha 36 anni e sembra e parla come un investigatore privato cinquantenne noir misogino, ed è disposto a crepare pur di mantenere viva questa tragicommedia. Spike ne ha una decina in meno ed è così vulnerabile e fragile che il 90% del tempo non si fida di dimostrare più di tre sentimenti: frustrazione, rabbia e rancore - una repressione le cui ferite vengono manifestate tramite una tendenza reitarata alla suicidalità testosteronica. Nel restante 10% di Spike c'è tutto il resto della sua personalità, e ragazzi, è un personaggio piuttosto ben formato e complesso.
Non si tratta di situazioni e personaggi magici, usciti dal nulla. Di eroi così contorti e miserabili ne abbiamo tanti - spesso sono rappresentati come Spike, un guscio di figaggine e competenza che nasconde una persona menomata, che il tipico culto del ribelle, tanto superficiale quanto efficace nell'occultare la profondità, va a piazzare sull'altare. Avete mai visto "Butch Cassidy and the Sundance Kid"? "Yojimbo" e "Sanjuro"? O per diventare ancora più realistici (e patetici), lo stupendo "The Friends of Eddie Coyle"?
Se no, fatelo. Se sì, guardiamoli assieme di nuovo se siete nei paraggi.
Questi film anni sessanta sono UNA radice di questo genere di personaggio tragico e situazione umana, estremamente sfaccettata, che oggi non sappiamo più riconoscere. Anche dove la narrativa ha una certa profondità, l'arco dell'eroe del 21° secolo tende a presentarci una persona fondamentalmetne buona o fondamentalmente cattiva. Poi, ovviamente, arriva "Breaking Bad", e tra le giustissime lodi di quel capolavoro televisivo si perde un po' il fatto che un dramma, una tragedia come quella è parte di un'eredità culturale, e non una scoperta originale (e non voglio evitare spoiler, ma finisce molto più alla 21° secolo che non alla 20°). E soprattutto, dove creare personaggi fallati dovrebbe essere frequente e normale, si finisce per relegare a particolare bravura (leggi: a incidente isolato) la capacità di saper rendere vulnerabili i propri eroi, e si sdogana quell'egotismo infantile che porta tantissimi scrittori a inserire l'esaudimento dei propri sogni di potere nella narrativa.
Rendiamoci conto anche del tempo passato, cioè che oggi Cowboy Bebop è circa equidistante tra noi e la guerra del Vietnam. Molti dei luoghi comuni e mode narrative di allora sono caduti in disuso, non stati assorbiti e sono stati perduti, specie nei media televisivi. È interessante come vengano rispolverati come fossero nuovi a sprazzi, e nell'epoca in cui l'intierezza della produzione audiovisiva è a disposizione per ogni utente, non mi sembra vengano riconosciuti.
Cito l'articolo:
[...]This pattern of failures is characteristic to the series; Spike and the others only rarely capture their bounties. They’re often left drifting in space with next to no money, eating “bell peppers and beef” that has no beef as their ship crumbles into disrepair. It’s a status quo antithetical to the escapist structures of most anime and popular media, but it’s a large part of Bebop’s charm. Spike is an expert pilot, a crack shot, and Jeet Kune Do master, but he still bitches when the air conditioning doesn’t work. The crew of the Bebop is stylish but they’re also a bunch of losers.Oggi non ci sono poi così tanti esempi di eroi che sono sì competenti in qualcosa di figo, ma sono pessime persone, meschine e incapaci per quanto concerne degli aspetti estremamente seri della propria esistenza, dove è un vero problema esserlo. Spike non solo fa figure di merda dove è un comic relief, dove è buono per umanizzarlo senza farlo sembrare un perdente, Spike è un perdente e basta. Molte volte fa quello che gli riesce meglio (volare nello spazio, combattere, dimostrarsi superiore ed emotivamente distaccato dai problemi), e lo stesso fallisce. Spike accetta dei rischi e viene preso a calci nel culo.
Lui e Jet sono degli esempi perfetti di un problema estremamente sentito, ma a tutt'oggi maldigerito, di mascolinità orientale, che riguarda le aspettative sociali disilluse e l'automutilazione dei propri sentimenti. Jet ha 36 anni e sembra e parla come un investigatore privato cinquantenne noir misogino, ed è disposto a crepare pur di mantenere viva questa tragicommedia. Spike ne ha una decina in meno ed è così vulnerabile e fragile che il 90% del tempo non si fida di dimostrare più di tre sentimenti: frustrazione, rabbia e rancore - una repressione le cui ferite vengono manifestate tramite una tendenza reitarata alla suicidalità testosteronica. Nel restante 10% di Spike c'è tutto il resto della sua personalità, e ragazzi, è un personaggio piuttosto ben formato e complesso.
Non si tratta di situazioni e personaggi magici, usciti dal nulla. Di eroi così contorti e miserabili ne abbiamo tanti - spesso sono rappresentati come Spike, un guscio di figaggine e competenza che nasconde una persona menomata, che il tipico culto del ribelle, tanto superficiale quanto efficace nell'occultare la profondità, va a piazzare sull'altare. Avete mai visto "Butch Cassidy and the Sundance Kid"? "Yojimbo" e "Sanjuro"? O per diventare ancora più realistici (e patetici), lo stupendo "The Friends of Eddie Coyle"?
Se no, fatelo. Se sì, guardiamoli assieme di nuovo se siete nei paraggi.
Questi film anni sessanta sono UNA radice di questo genere di personaggio tragico e situazione umana, estremamente sfaccettata, che oggi non sappiamo più riconoscere. Anche dove la narrativa ha una certa profondità, l'arco dell'eroe del 21° secolo tende a presentarci una persona fondamentalmetne buona o fondamentalmente cattiva. Poi, ovviamente, arriva "Breaking Bad", e tra le giustissime lodi di quel capolavoro televisivo si perde un po' il fatto che un dramma, una tragedia come quella è parte di un'eredità culturale, e non una scoperta originale (e non voglio evitare spoiler, ma finisce molto più alla 21° secolo che non alla 20°). E soprattutto, dove creare personaggi fallati dovrebbe essere frequente e normale, si finisce per relegare a particolare bravura (leggi: a incidente isolato) la capacità di saper rendere vulnerabili i propri eroi, e si sdogana quell'egotismo infantile che porta tantissimi scrittori a inserire l'esaudimento dei propri sogni di potere nella narrativa.
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