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"Skyfarer" di Joseph Brassey, recensione italiana/English review

Parliamo di Skyfarer, uno snello romanzo scritto da un autore americano chiamato Joseph Brassey. Non è un blockbuster, non è assolutamente adattato in italiano, ed è un’opera in completa controtendenza a quello che mi piace di solito, che leggo di solito, che amo fare di solito col mio tempo… Ma il motivo per queste tre caratteristiche inusuali appena nominate è che non ci sono molti libri come questo. E credo ne vorrei altri a fargli compagnia sul mio scaffale.

Per le giornate buie.

Perché Skyfarer è un high fantasy super positivo che spezza molti stereotipi e si focalizza tanto sull’azione e sulla magia e sui superpoteri, poco su qualsiasi altra cosa. Non è piatto né buttato su, badate bene. Se può descrivere qualcosa, usa solo, SOLO tinte forti, piene di evidente gioia di scrivere. Per darvi un’idea di com’è uso la forza bruta degli esempi pratici: prendete Firefly, ma levate un po’ del suo cinismo. Prendete Star Wars, ma sottraete la pretesa che non sia fantasy e i toni criptofavolistici. Prendete Final Fantasy VII e levate il grind e alcuni elementi-archetipo nipponici. A questo mix aggiungete dei personaggi super-moderni, taglienti, ed eliminate ogni singolo stupido stereotipo hollywoodiano sui rapporti sociali o tipico del fantasy da maschione alfa. Gli unici obiettivi di Skyfarer sono l’avventura, la Meraviglia e l’ideale che sia possibile rendere il proprio mondo un posto migliore — o tanto vale crepare nel tentativo. Credete che sarò io quello che andrà a fare da cock-block a uno che vuole pisciare in faccia al genere grimdark? Nah, non penso proprio. Anche se mi piace pure il grimdark, eh?

Ma per tornare a Skyfarer: Il “mondo” non è un “mondo”, ma un arcipelago di isole volanti su un cielo infinito. Ci si sposta su navi volanti. Aimee è la nostra protagonista, ed è una “portal mage”, vale a dire l’incaricata di trasferire queste navi da un’isola all’altra con la magia. A diciannove anni le viene offerto il posto di apprendista presso il più “badass” dei portal mage in circolazione, e la possibilità di volare su una rapida, aggraziata nave da esplorazione. Le cose non vanno bene, il primo portale fallisce e Aimee e il resto dell’equipaggio si teletrasportano in mezzo a una guerra. Mentre i raggi magici della morte volano dappertutto, la nostra MC scopre che i suoi nuovi compagni non sono semplici “skyfarer”, cioè marinai del cielo, ma che si immischiano di politica e in particolare di cause perse, tutto agli ordini del suo mentore.

Da quel punto in poi parlano i cannoni-etere, gli incantesimi di protezione, arrivano nemici in armature magiche potenziate stile space marine e sì, c’è persino una cittadella corazzata volante. L’ambientazione è in realtà sorprendentemente dettagliata, ma non nevrotica e mai davvero presentata tramite chili di esposizione (per la serie, chissenefrega del perché la magia funziona così e di che tipo di motore hanno le navi). Questo non è un libro di sistemi, è un libro di gente che urla incantesimi scagliandoseli contro con mosse di Kunst des Fechtens e di cattivi troppo potenti, con spadoni magici e armature nere, che verranno inevitabilmente sconfitti da giovani eroi coraggiosi, con un piano che ha solo l’1% di possibilità di riuscire. Questo è un libro di gente a posto che protegge i bisognosi senza guardare nessuno dall’alto in basso. E per essere così plot-driven, i personaggi sono fatti BENE, almeno quello che si vede di loro.

La protagonista è brava, competente ma nessuno ce l’ha davvero per il culo finché non è lei a imporsi, e viceversa nonostante sia una ragazzina, nessuno degli altri tira fuori il vecchio cavallo di battaglia del “taci, mocciosa”. Sanno che è giovane, lo riconoscono, ma dello spettro giovane adulto scelgono di prendere in considerazione la parte “adulto”, come si fa giustamente in guerra. La questione di avere un protagonista attorno a cui tutta la trama ruota e non farlo pesare goffamente al lettore è un concetto interessante. Da quello che so Brassey è un giocatore di ruolo, e ha capito una cosa dei GDR che tutti quelli che hanno mai composto una scheda e poi si mettono a scrivere dovrebbero avere ben chiaro da subito, ma che si concretizza raramente nei primi tentativi di narrativa fantasy: il party è composto di persone, oltre che di personaggi. Anche gli NPC dietro hanno il tuo master, e lui cerca di interpretarli al meglio delle sue capacità. Ogni cosa è umana nel GDR, e non è un passatempo solipsistico, ma di compromessi, dialogo e mediazione. Tu, sì, proprio TU che giochi di ruolo dovresti essere IL PRIMO a capirlo, non l’ultimo. Tutti quei romanzi in cui il/la protagonista è fortissimo/a e speciale perché sì e gli altri lo/la adorano e rispettano per la sua forza sono sempre tremendi per il lettore, SEMPRE, quanto autoindulgenti per l’ego dello scrittore. Lo scrittore fantasy che si avvicina all’idea di mettere su carta le idee tratte da una bella campagna dovrebbe capire che - come fa il buon dungeon master - questi elementi di “specialità” del suo protagonista devono essere integrati con il fatto che lui o lei hanno a che fare con un mondo vero, con delle persone vere.

Non posso dire quanto m’abbia fatto piacere vedere quanto la nostra giovane protagonista fiorisca proprio quando viene responsabilizzata, quando messa nelle condizioni di dover affrontare la situazione come una degli adulti in mezzo a una crisi di proporzioni fantasy. Il libro non è una predica, come detto, è tutto sotto-testuale (si può dire questa parola?), e io non sono più un ragazzino, purtroppo per me, ma posso immaginarmi che la cosa mi avrebbe fatto sentire davvero bene quando ero un under-21.

Non è un libro perfetto. È schematico, troppo a volte, e il registro oscilla tra il rapido e funzionale e l’eccessivamente pomposo, a effetto. Sono solo momenti, non è certo la media, questa. Di base, Skyfarer suona più come una sceneggiatura d’un film o fumetto che un romanzo. E poi Brassey ha un’abitudine seccante a fare un recap degli eventi come momento di riflessione per la nostra protagonista. Dopo la terza volta che la vita ti passa davanti agli occhi, più che altro senti la mancanza di un cestello di pop-corn. Il prossimo della serie, scommetto, sarà meglio.

In definitiva: non leggiamo solo per avere storie positive, personaggi buoni, ideali e speranza. Il cinismo, la crudeltà, la violenza e il pessimismo hanno tutti il loro scopo nella narrativa, e sono capaci di colpire e fare crescere e di dare la sensazione di immedesimarsi nelle sofferenze del prossimo, e di esorcizzare la propria crudeltà. Ma esiste anche il contrario - nella media, l’umanità non è sociopatica né iperviolenta, e non si masturba mentalmente in modo morboso di fronte alla crudeltà ad esclusione di ogni altra forma d’espressione. Noi e il nostro prossimo, giovane o vecchio che sia, abbiamo di che guadagnare a sognare che da qualche parte ci sia qualcuno che non si stuferà mai di prendere il male a ginocchiate finché non chiede pietà.

English review
Such a fast, action filled book! I never really read much high fantasy, not even when I was a kid, and even then, it really was stuff like Eddings and Brooks who were all about banter, exposition, self-loathing, traveling, sporadical fights and drama, not... You know action-fighting-action, big explosions, "oh no, we have 24 hours or the world will be destroyed!" stuff, and so on.

This book is structured like a comic, like a screenplay. Except, it's not one of those neurotic, endlessly careening Japanese manga about special powers that get more exposition than the main character gets developement. This is what Japanese comics would look like if written by a relatively young american, the generation that grew up with FF7 and got dumped by Ramona Flowers, but never got bitter about it. This is not a book about systems, this is a book about flying ships, mages hurling spells by screaming and gesturing, superpowered villains that get invariably smashed by plucky young heroes and constant emergencies, and is quick and effective all along the way. This is a book about nice people standing up for the weak, doing the right thing the roguish way, without being pricks and eskewing most kinds of high horses.

Character wise, and given this is a plot-driven action fantasy, there's some surprising stuff going on, here. I'm all about the characters, you know, so this is where I'm going for this book-opinion. Let's harp about our protagonist: Aimee, our main character, is in all aspects just a kid. She's 19, she's an apprentice at her (sorcerous) trade. The author is pretty magical in this: she's never for a moment a mary sue, and she feels just as important for both world and plot as her non-POV companions.

I take a moment for a quick aside to underline how important this is. I read entirely too much fiction written by roleplayers and what they always get wrong is EXACTLY what Brassey gets right, and what they SHOULD get right since they roleplay: even if it is your POV character, even if it is your protagonist, even if your whole fucking plot pivots around him or her, the reader must be fooled to think that it is not so. If you are a roleplayer-writer, you should pick up this more easily, not LESS. Listen, you egotistical fuck, your party is made up of people, not paper sheets. Your secondary characters should act like they were people too, not like a backdrop for your mary-sue proxy of yourself.

Let's get back on track on another fantastic subject. Aimee NEVER gets the usual "You're just a brat" treatment. This is great: she's just considered from the get-go to be on the adult side of the "young-adult" spectrum, and this is quite uncommon, and refreshing. It's not stated up-front, it's subtextual, but Aimee thrives from being treated like this, for being considered an adult with agency in a crisis. I'm not a kid anymore, but I can really imagine this would make me feel great if I was young enough to relate, and no, it is not necessary for this to be "earned" at 19. At the same time our MC never loses her wide-eyed wonder for the world, and while being pestered by the same confidence issues we all had at 20, she has a healthy, gritty take on them. She gets wounded, but she doesn't shrug it off like it were nothing, she just tries to do her best the next time she's called to decide: this is nice, it's a take on a positive character that for once feels earned.

It's not perfect. One of the main issues I had with this book is that the author, being really driven to make an impression about how strong this woman is, falls in the same pattern of her grinding her teeth thinking about what happened to brace herself for the next fight. About the third time, it felt like a recap episode, and we all know we skip those. That's one of the reasons the book is four stars and not five for me. Also, I can't really say that in this book we see much of her personality, only the bare bones of her wit and moral compass being tempered in the forge of conflict, but I think she's got some nice foundations for more complex character building for the next installment.

I'm not really into analyzing all of Skyfarer as accurately, I just selected the stand-out element that hit me the most. You can inflate fractally to the rest of this little book, which means that overall this is a great little novel. I'm really happy this is a series, and eager to read how it goes on.

Originarily published on GoodReads

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