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"The Wolf of Oren-Yaro" di K.S. Villoso, recensione italiana/English review


Questo libro è stato certamente uno dei migliori di questi ultimi mesi. Ha tutte le cose che ultimamente mi piacciono in un fantasy: uno stuolo di personaggi interessanti e difficili, una protagonista complicata con una voce tutta sua, una donna che non ha assolutamente alcun interesse a farsi piacere da te, il lettore, e uno stile di scrittura estremamente versatile, che passa da introspezione ad azione senza azzopparsi mai.

Dopo aver letto Josiah Bancroft (Senlin Ascends), ormai classifico questo “stile” con il tag #indynevrotico, una prosa su cui immagino un povero disperato che sta lì a limare e lucidare, sopravvivendo a vaste crisi di fiducia. Il tipo di prosa, insomma, che mi ricorda quel documentario giapponese che vidi anni fa sui giovani affilatori di spade e il loro mondo di terrificante angoscia professionale e fame.

The Wolf of Oren-Yaro è il punto d’inizio di un memoriale scritto dalla regina di un paese fantastico. Detto così suona freddo, ma vi garantisco che non è una narrazione secca e arida, ma molto avventurosa. L’ambientazione fa pensare al Sud-Est Asiatico e l’autrice, filippina emigrata in Canada, abbraccia le proprie radici culturali e le trasmuta nel fantastico con la stessa naturalezza con cui gli anglosassoni si resettano a “finto medioevo coi pantaloni di pelle”. Attenzione, sto dicendo che l’autrice è a suo agio a narrare il proprio mondo, non che è banale. Anzi, è interessantissimo, e non ricorda una caricatura deforme di D&D che esce dalla vasca di clonazione e già t’implora di ucciderla, e neppure ti fa pensare a Brandon Sanderson che entra nel tuo salotto, sale in piedi sul tavolo e attacca a urlare “È UN MONDO COI GRANCHI AL POSTO DEI CAVALLI, È ORIGINALE VERO? E C’È QUESTO REGNO IN CUI SE TI CADE UNA TAZZINA TI GIUSTIZIANO. MOLTO STRANO, NON TROVI? EH? E LA GENTE CAMMINA SULLE MONETE! FANTASTICO!” Ehm. Scusatemi, voglio bene a Sanderson, ma certe volte il suo entusiasmo è il mio inferno.
Per la cronaca, l’elemento fantastico è presente, ma non è descrivibile senza spoilerare. Credo comunque si debba considerare un low-fantasy.

Torniamo a noi. La nostra main character si chiama Talyien, e narra di quando aveva 26 anni, un figlio piccolo e un marito sparito. Se la nostra personaggia è una regina, suo marito doveva essere il re, e non un mero principe consorte, ma un co-regnante. Rayyel l’ha sposata, ha convissuto tre anni, e subito prima d’essere incoronato re ha girato i tacchi e se ne è andato. Perché l’ha fatto? Le motivazioni di Rayyel, le colpe sue e quelle di Talyien, sono uno dei motori narrativi dell’intera vicenda. Chiaramente era un matrimonio politico, chiaramente era un matrimonio concordato dai genitori, chiaramente, chiaramente, chiaramente… Chiaramente un cazzo. Talyien ha conosciuto suo marito quando aveva undici anni, e l’ha frequentato tutta la vita. Lo ama. Lo ama? Lo odia?
La nostra regina non è capace di sciogliere il nodo della propria vita personale da quello terrificante, spinato e uncinato della ragione di stato. Ma una situazione d’emergenza le farà perdere il senso dell’orientamento e la intrappolerà in un’avventura disperata. Il libro sarà un tunnel dell’orrore che continua a farle penzolare di fronte al naso l’illusione di comprendere quanto malvage e profonde siano le trame che si contorcono, nascoste, nell’ombra della sua corona. E tipo, di capire se suo marito lo deve decapitare o amare.

Talyien è una donna complessa. È ragionevole, crudele, violenta, fredda, giovane, terribilmente infida. È davvero facile da ferire, impossibile da portare alla disperazione, vittima d’un’educazione rigida mai superata e della sua crescita in una vasca di squali. Non vediamo cosa pensano gli altri, ma vediamo bene la sua logica e come le persone circostanti falliscano di capirla. Per loro la regina deve sembrare un vero terrore ambulante, imprevedibile, e spesso si comportano di conseguenza. Noi stessi possiamo comprendere come la sua spinta quasi animalesca a essere il miglior leader distorca ogni cosa, ogni passione, e anche capire che resta una donna umana macinata come chiunque altro dalle conseguenze.

Mi ha divertito molto la mia stessa incertezza nel giudizio sui comportamenti sociali e l’etichetta delle interazioni di un po’ tutti i personaggi. Credo sia un fattore culturale: sono tutti molto educati, ma passano da 0 a 100 con la violenza senza attraversare le spiacevolezze, i confronti personali e le minacce che caratterizzano gli occidentali, che in genere sono un po’ più pronti a dirti che qualcosa non va, a costo d’essere sgarbati, invece di suppurare in silenzio e poi prendere la motosega.

The Wolf of Oren-yaro è un libro indy che più indy non si può. È autopubblicato ma la sua qualità è assolutamente stellare, niente refusi e editing perfetto, anche troppo in un certo senso perverso - mi immagino con gran realismo la mole di lavoro e di sofferenza. Posso criticare solo alcune scelte di cambio di ritmo in un paio di punti del libro, in cui le scene e le situazoni a mio modesto avviso mutano troppo velocemente senza alcun lavoro di preparazione del lettore (e non parlo di colpi di scena, quelli ci sono e sono ben orchestrati). Non è un libro lungo e il suo inglese non è complesso. Non appena uscirà il seguito, sarà mio: posso dirmi decisamente entusiasta per questa serie.

5/5 senza neppure un’esitazione.

English review
This book so far has been one of the highlights of 2018. K. S. Villoso has a pretty, effective writing style that is perfectly capable of swinging from action to introspection and poetry, while seemingly confining itself to the matter-of-fact.

The Wolf of Oren-Yaro is a rather unconventional fantasy novel. We are, seemingly, reading the memoirs of the queen of a fantasy South-East Asian polity. She is struggling as any young ruler would while trying to keep afloat a scarred, bickering country. We have here a complex female protagonist in a position of power: our main character narrates while recollecting, as far as we know, and seems to be pretty up-front in her story.

At the start of this book the main character is 26, has a young son and her husband, the heir to the toppled clan that ruled the country before our queen's dad took power, has ran away after marrying her, but before being crowned as co-ruler. Most of the book will be devoted to the conflicts and consequences derived from her rigid upbringing (never really outgrown) and from the current political scenario (rife with backstabbing and instability). Our girl will use any weapon just to survive an unexpected emergency situation after losing all her social landmarks. She will be trapped in a desperate adventure, but will be able to finally learn that the scheming that is happening in the deep shadow cast by her shaky crown is far deadlier than she ever thought.

The highlight of the novel is our queen, Talyien, which is one hell of a complex character. She's violent, ruthless, vulnerable, young, horribly cold and mistrustful but still really easy to wound. She's deeply committed to the role of queen, he queen of a backward, embattled country. She is a real terror for the people that surround her, both enemies and friends, because we can see her logic, but they really can't, and it's interesting to see this in a novel. The price of this first-person POV is that we can't see much of the motives of anybody else, but we can understand how people would be driven to desperation by Talyien and the way she distorts motives and passion with her overwhelming drive to be the ruler she thinks she should be.

What makes this book great is that Talyien gets totally shredded by her personal life, and is completely incapable of disentwining her feelings for the man that left her and the need to address the matter of the state marriage that failed so spectacularly, and left her short of a very much needed co-ruler. We get to be intimate with Talyien. Sometimes, we wish we wouldn't - she at times is really, really a jerk, and in that familiar, I-know-a-girl-just-like-that way.

The setting is also very different from what is standard fare in the fantasy genre, so much that at times I'm really baffled. I'm not sure if it's something taken for granted or purposefully crafted, but there are some assumptions in etiquette that I found very surprising - especially towards violence and criminality. It was a bit difficult for me to pick up social clues in the narrative as to when shit was hitting the fan. There are few threats and very light rudeness: people slaughter each other rather politely. As for the backbones of the setting itself, we are yet to understand how this world works, but there's mystery, there's horror, there's magic and probably there's undead - we'll see.

The Wolf of Oren-yaro is self-published, as indy as it gets. It's far better than many big-publisher fantasy novels I read in the last 12 months. I'll read the following book as soon as it is out!

Originarily published on Goodreads

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