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"La via dei re" o anche "The Way of Kings" di Brandon Sanderson (recensione italiana/English review)


Questo libro, lo ammetto, non è stato così facile da leggere. Io non sono proprio un fan maniacale di Sanderson, e qui abbiamo un'incarnazione dei motivi per cui mi fa storcere il naso. È un libro molto bello, senza gravi difetti tangibili, ma... la prosa è utilitaristica, l'inizio lento, la struttura proiettata verso il futuro del plot e con scarse concessioni al piacere immediato. Lasciatemi cercare il pelo nell'uovo. È un uovo di struzzo, sia chiaro.

È davvero pazzesco trovare persone che si lamentano di Tad Williams o Umberto Eco per le partenze lente, quando 500 di queste 1000 pagine sembrano una gigantesca introduzione, e abbiamo per le mani un mega bestseller super popolare da classifica del NYT, che in teoria dovrebbe essere fruibile come i popcorn. È evidente che il lettore medio è un individuo coriaceo!

Tale coraggioso lettore viene ripagato ampiamente nelle ultime 250 pagine, venga messo agli atti. Nel mio caso specifico non mi sento controbilanciato nel sacrificio iniziale, perché al contrario di tanti sono poco affezionato alla valanga sandersoniana di climax multipli incrociati. Detesto un po' la struttura narrativa troppo simmetrica, religiosamente preparata, coreografata. Costruisce bene le sorprese e i colpi di scena, ma come buona parte dei "plotter" Sanderson ha la tendenza a creare uno spazio vuoto al centro del libro, e non è mai stato così vero come in questo caso. E si tratta di un vuoto che viene riempito in maniera non sempre efficace, e temo di essere arrivato senza ossigeno alla parte finale, stressato dall'aridità.

250 intere pagine finali di azione perfettamente costruita solo la ragion d'essere di The Way of King, e sono e restano un bellissimo premio. Gesta supereroistiche calate nel giusto contesto, poteri che vengono esercitati all'interno dei confini precedentemente stabiliti, ma con soluzioni costantemente originali. Ne leggerei altre 1000 così, e probabilmente lo farò quando avrò smaltito la mia sazietà da Cosmere, ma l'amore non è tutto. Perché anche il fantastico e il meraviglioso stufano quando sono spiegati con una sorta di checklist, di elenco. Fa tornare alla mente i cronisti medievali che si inventavano le descrizioni delle bestie che vivevano oltre i confini della mappa. L'autore sembra guardarti e sorridere mentre aggiunge usi e costumi, poteri surreali, situazioni con esplosioni verdi e gente che entra e esce volando e una pioggia di favole fuori di testa. Sanderson riesce sì a incastrare questi elementi nella trama, ma non senza trattenersi da una sorta di autocompiacimento fine a se stesso e un po' ansiogeno. Come se stesse lì a chiederti continuamente: "E questo è strano, vero!? Non è forse bislacco!?!?"

È in effetti uno sciorinare meraviglioso, soprattutto perché incessante, ma uno ne viene alienato, durante la lettura, perché succhia un po' di umanità da tutto quello che sta intorno. Non riesci a immaginarti della gente reale vivere in questo strano mondo, non riesci a immaginarti di viverci tu, di avere dei vicini, di doverti adattare a fare la spesa al mercato con gente con la pelle marmorizzata e armature chitinose, o doverlo fare in una terra in cui inciampare è un crimine soggetto alla decapitazione. È una realtà che per me resta priva di volto, un piacere meramente intellettuale, e non perché è strano, ma perché non viene mai reso sporco, difettoso, cigolante, coperto di polvere. Non sembra "usato".

E certe volte, le strutture troppo complesse giocano proprio a sfavore di Sanderson, che è troppo metodico per dipingerle come un impressionista. Per esempio, l'edificio di flashback con cui viene introdotto uno dei protagonisti, Kaladin, mi è risultata davvero indigesto, così schematico e farraginoso che ogni sorpresa era già chiara centinaia di pagine prima di esser messa nero su bianco.

In conclusione: posso sbrodolare come il migliore fan brandersoniano sulla sua abilità nel costruire una storia, nel gettare fondamenta, nello sviluppare un multiverso e un sistema magico super-fantasioso. Ma solo quest'anno ho letto una mezza dozzina di libri che mi hanno emozionato visceralmente, mentre The Way of King mi ha divertito e intrattenuto - che è tanto meglio di quello che potrebbe fare uno straordinario quantitativo di libri e scrittori lì fuori, ma non è quello che cerco in questo periodo.

Consigliatissimo, insomma, a chi vuole epicità, mistero, fantasia e azione. Anche se per quest'ultima è richiesta un sacco di pazienza.

L'immagine è - quasi inutile dirlo - di Michael Whelan

English review
So, here I am. This book, I can admit it, wasn't really so easy to read. I'm really not a Sanderson maniac, and the vote should really be around 3.5. But Goodread's a bitch, and also I don't really find much at fault with  this book. It's better fun than most books ever written by humankind, it never bored me and was at times exhilarating, even if the workmanlike prose is a let down at times. And no, it is not really "my" kind of book, so I can get overly critical with its quirks. Like Sanderson's taste for drilling an repeating down stuff.

Also, how can people complain about Tad William's or Umberto Eco's beginnings? Half of this 1000 page monstrosity felt like one. The moment things start to hop along, everything gets waaay more fun. It's light, cinematic, action-esque fun!

You can see that Sanderson is really good at building toward surprises and plot twists, merit of his deliberate plotting, but the mid-portion of the book is lackluster and coupled with a very long beginning, it almost drove me to distraction. The delivery of said plot twists is not always good, though. I honestly couldn't really like the flashbacks used to tell Kaladin's story. They didn't work for me, they just broke the action and failed to deliver meaning to his doubts. We already knew about those halfway through the novel.

The last 250 pages are very cool. I kind of like the superhero-fantasy vibe, and on a level I envy very much Sanderson's capability for imagination, but yet again, it is a bit too much methodic for my tastes. When he describes a new people, you never get the down-and-dirty of them, you usually get a checklist of weirdness that is evocative of medieval writers that imagined faraway lands, and described them as if they were real. Thiese people have long eyebrows, they are merchants. These other people believe farmers are nobility. These other, other people speak like fantasy Super Mario. And then there's this island where you get killed when you stumble, because they believe it's an order from a dead king. So weird!

This is very imaginative, especially because it is constant. It's as bewildering as a shower of out-thereness, but you keep looking at the storyteller to deliver the joke, you never stop and imagine how they must live, these weird guys that end up faceless. You fail to visualize their humanity and contradictions, how they rail at each other and how stupid they feel at being themselves like any other sentient being does, and they end up as a catalogue of curiosities, never as your next door neighbor.

That said and done, I had great fun. I won't read the next one for many, many years I'm afraid, because I have books waiting for me that I'm pretty sure I will love, or hate, and with Sanderson it will always be just cashing in some fun, but nothing else.

Still, the author delivers a polished, well engineered beginning for an epic tale. Best wishes for those of you who hopped on the wild ride and will hang on for dear life, and read it way faster, piping hot from the very fast keyboard of Brandon Sanderson.

Originally published on Goodreads

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