
Ad Alan D. Altieri piacevano le parole. Non tutte, solo quelle che
avevano un suono figo. Gli piacevano così tanto che le usava ancora e
ancora. E poi di nuovo e un'altra volta. Simulacro... Rostro... una
manciata di sostantivi jolly. Secondo la legge dell'orologio rotto,
almeno in qualche caso le avrebbe dovute usare pure a proposito,
considerate le ripetizioni. Ma "Magdeburg" va così contro natura che
neppure quello è mai successo tra le sue pagine. Questo libro è
un'insalata di parole che non si innalzano alle spaventose vette del riuscire comunicare un significato, fallendo dove persino qualche gorilla è riuscito con il linguaggio dei segni. È
un'accozzaglia di frasi vomitate in disprezzo non solo della storia
europea, ma anche dell'anima della letteratura fantastica.
Posso solo riassumere il mio giudizio con un: non mi è piaciuto.
Originariamente
pubblicata su Goodreads
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