
Sebbene l'opera di Josiah Bancroft sia nominalmente "steampunk", in realtà è più accuratamente definibile come una forma di weird fiction. Ricorda, a tratti, certa narrativa russa dell'inizio del secolo scorso, a tratti invece pare un'avventura nella miseria vittoriana, il tutto con lo sfondo d'una rappresentazione potente della crudeltà del mondo e della vita: la Torre di Babele, il perno d'ogni corruzione e male.
Il lettore seguirà le peripezie del protagonista Tom Senlin, maestro di provincia che ricorda molto Ichabod Crane, un uomo che ha ancora molto spazio per crescere e cambiare. Senlin dimostrerà d'essere capace di diventare un duro senza mutarsi in mostro, come invece fa per esempio il protagonista di Breaking Bad. L'autore rinuncia a condire la vita di Senlin anche con un solo granello di zucchero non necessario, e i panni di protagonista inetto di una novella ambientata a Pietroburgo vengono dismessi a favore di una consapevolezza meno romantica, l'accettazione d'un mondo che riesce a essere tanto fantastico quanto terribile.
Non intendo svelare neppure una virgola in più di Senlin Ascends. È un libro di lunghezza limitata e va letto d'un fiato. La trama è semplice e ben sviluppata, i personaggi sono interessanti e degni d'essere amati o odiati. I misteri favolosi che influenzano la loro vita sono molti, e nonostante molti dei conflitti iniziali vengano risolti in questo volume, molte delle domande più pressanti verranno affrontate nei capitoli successivi. Questa si rivela da subito una delle serie più promettenti del decennio. La prosa di Bancroft è estremamente scorrevole e per nulla secca e schematica come quella d'altri autori fantasy che oggi vanno per la maggiore, ed è il frutto evidente di un lavoro di self-editing molto sofferto e accurato.
Sì perché Senlin Ascends è l'opera di Josiah Bancroft da solo. Questo libro è una delle prove più interessanti che esistano oggi di come sia perfettamente possibile scrivere un'opera eccezionale lavorando in completa solitudine, per quanto il prezzo da pagare in termini di rischio e fatica sia disumano. Editor e case editrici hanno un ruolo insostituibile, sia chiaro, e non ha senso evitarli se si ha la possibilità di abbracciare la loro esperienza e la freddezza necessaria delle loro scelte professionali e d'impresa. Ma se tuttavia si ha l'abilità, la costanza, il coraggio, il mestiere e l'arte come alleati, allora, beh, questo piccolo capolavoro dimostra con assoluta perfezione che l'alternativa solitaria del self-publishing può portare risultati perfettamente validi.
Recensione originariamente postata su Goodreads il 10 ottobre 2016
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