
The Orenda è un libro che vale la pena che il cuore umano prova nel leggerlo. Il suo mood non è mai scanzonato, nessuna vittoria è facile, nessuna gioia permanente, vergogna e speranza prendono forme misteriose ed evanescenti e sfuggono all’abbraccio della mente. Non c’è nulla che sembri conformarsi alle aspettative, quando ci si ritrova nella desolazione verde e bianca dell’Ontario e del Quebec del 17° secolo. Immaginatevi una terra esotica: i laghi sono grandi come mari interni, e metà dell’anno è prigioniera sotto metri di neve, con temperature basse abbastanza da uccidere un uomo in pochi minuti. Il resto è un gioiello verde e paludoso, zanzare e black-flies fitte abbastanza che ti conviene affumicarti per tenerle lontane. Il territorio, apparentemente selvaggio, è invece pesantemente antropizzato, al punto che le foreste di quel periodo oggi non esistono più - erano strutturate perfettamente per promuovere castagni americani e aceri dalla linfa dolce, e il sottobosco veniva ripulito con le fiamme per permettere a un’esplosione demografica di cervi dalla coda bianca, poi catturati in massa per fornire proteine alle popolazioni locali. Nel ventesimo secolo il castagno americano (una fonte di cibo primaria, allora) si è quasi estinto, cancellato dalla faccia della terra dai parassiti cinesi, e il sottobosco è divenuto incolto e impenetrabile, tana migliore per i Wapiti che per i più piccoli cervi codabianca.
Ai tempi del libro, i Wendat, anche conosciuti come Uroni, combattono per la sopravvivenza tra guerre, carestie e soprattutto pestilenze, infiltrati da insidiosi missionari che chiamano “corvi”, e costretti ad affrontare il loro nemico storico, gli Hadenosaunee, o “Irochesi” per come li chiamano di Algonchini. Il primo nome è quello vero, e vuol dire “popolo dalle lunghe case”. Irochesi vuol dire… “quei serpenti”. Gli Hadenosaunee sono un grande popolo formato da molte tribù, con una costituzione che risale a prima dell’arrivo dei bianchi, e una società fluida e in movimento che sembra esser cambiata, rendendoli a questo punto fantasticamente violenti, dediti alla tortura. Gli Uroni vestono come loro, vivono come loro, cacciano come loro e parlano una lingua simile alla loro, ma non sono Hadenosaunee e non si sentono tali. Chi è amico e chi è nemico, quindi? E questi europei che si sono stabiliti qui, e che sembrano possedere la chiave della sconfitta degli irochesi, sono forse dei validi alleati? Sono così differenti da Wendat, Hadenosaunee e Algonchini? Una tortura europea risulta forse meno orribile per la sua vittima delle conchiglie-rasoio degli Irochesi?
L’autore di The Orenda non giudica mai, e mette sempre nella condizione di meravigliarsi. Domande su domande, questioni su questioni… La gentilezza di una vecchia mamma Urona sarà migliore di quella di un missionario dal cuore dolce come il miele? I conflitti culturali devono essere presi come surreali, stupidi, assurdi, oppure hanno una validità? Come incasellare un litigio tra un prete e un capo urone, quando l’oggetto del contendere verte sul fatto che per un cattolico pare di importanza vitale che una ragazza irochese sia sposata all’uomo Wendat con cui va a letto, quando la cerimonia matrimoniale urona di cui lui vorrebbe conferma non avrebbe comunque significato per un cristiano?
Joseph Boyden ha il coraggio di non parteggiare. The Orenda nella sua forma più essenziale è un libro basato sulla difficoltà di aprire la mente, e sull’effetto della disperazione e della durezza della sopravvivenza. La storia, strutturata a punti di vista multipli, scorre tra un capoguerra urone, una ragazzina irochese che cresce pagina dopo pagina, e un missionario francese.
In questo libro le cose stanno come stanno. La gente muore. I prigionieri diventano i figli dei loro nemici. Le comunità falliscono. I sopravvissuti piangono i loro morti e continuano, sempre, sempre. Wendat e cristiani sono spaventosi per la propria resistenza e risoluzione, e dentro, attraverso e per sempre si intreccia l’Orenda, la forza spirituale di ogni cosa e persona, impossibile da smorzare, e parca d’aiuti quanto saggia nelle profezie e nel potere che garantisce o infligge.
Vale la pena davvero…
SPOILER SPOILER SPOILER
…per quanto Boyden abbia toppato una cosa, o abbia volontariamente deciso di renderla teatrale: l’effetto dell’amanita phalloides è tante cose, immediato proprio no.
SPOILER SPOILER SPOILER
Illustrazione di Neal Cresswell creata per un estratto postato sul periodico canadese The Globe and Mail
English review
Clearly this historical novel was worth the heartache, I'd say. There are no easy victories, no joy that is permanent, no shame nor hope in the wastes of 17th century Ontario and Quebec. The Hurons struggle for survival amid the chaos of plague, famine and insidious missionaries, pitched against their terrible enemies, the Hadenosaunee, or Iroquois as the Algonquin call them. The Jesuit French fight their own demons and try to bring some light in the darkness of a savage lifestyle that is generous on one hand, horribly cruel and amoral in its unbridled taste for violence and torture. Everybody ends up understanding perfectly that the real enemy is their own culture, and are powerless to change its very real gravity. Are they so different? Is an European torture any less grievous for its recipient? Is a missionary any less kind than an old Huron mother? Why is it important for a Wendat girl to be married to her man if the ceremony has no meaning to a Catholic, and why is she a whore if she is not?
There are few definite answers, no real moral outside of the great impact of courage, generosity and compassion on each and every nation. The story weaves back and forth between a Huron war-bearer, a young Iroquois girl and a French missionary. It is at times really hard to bear, but it valiantly refuses to take any side. Things are. People dies. Villages fail. The survivors mourn, and keep going, they always do, and Wendat and Christians alike are frightening in their resolution and resilience.
Originally posted on Goodreads
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